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Supermercati e sacchetti biodegradabili: problemi con le etichette non compostabili

sacchetti biodegradabili

1° Gennaio 2018: inizia la distribuzione obbligatoria dei sacchetti compostabili monouso a pagamento nei supermercati e la conseguente protesta dei cittadini. A un anno dalle polemiche però, i sacchetti non aiutano l’ambiente, scopriamo nell’articolo il perché:

Sacchetti biodegradabili ma etichette non riciclabili, perché?

Ebbene sì, nonostante l’integrazione obbligatoria di sacchetti biodegradabili la manovra rischia di fare ben poco per aiutare l’ ambiente: le etichette ed i bollini di frutta e verdura continuano ad essere di materiali non riciclabili e se buttate nell’umido assieme al sacchetto mandano in fumo tutti gli sforzi fatti per passare ad un confezionamento più ecosostenibile. I consumatori più attenti già ritagliano le etichette per poi gettarle nel sacchetto dell’indifferenziato, tuttavia la maggior parte delle persone non presta ancora attenzione a questo dettaglio e nonostante la scelta di aiutare l’ambiente, questo errore porta allo stesso problema che abbiamo coi sacchetti normali. Il rischio è grande, si tratta di contaminazione dei rifiuti organici, oltre che dello spreco di risorse. In termini di smaltimento possiamo affermare che mentre i rifiuti organici si decompongono in poche settimane o al massimo mesi, le etichette sopra descritte possono impiegarci anche decine di anni.

Perché le grandi catene di supermercati non utilizzano etichette biodegradabili?

Le catene di supermercati si dicono incerte di cosa si intenda per “imballaggio”, di conseguenza la normativa in vigore sui sacchetti bio e le etichette compostabili, viene interpretata da ogni singola azienda.

Il problema sembra essere legato principalmente a 2 fattori: uno giuridico ed uno economico.

Sembra infatti esserci una sorta di falla nella legge che si occupa di questo problema:

La direttiva che obbliga l’utilizzo di materiali biodegradabili (direttiva 2015/720) cita la norma europea (EN 13432) riguardante i “Requisiti per imballaggi recuperabili attraverso compostaggio e biodegradazione”. Le catene di supermercati si dicono incerte di cosa si intenda per “imballaggio”, se l’intera busta, compresa l’etichetta, o solo il sacchetto contenitivo dell’oggetto. A fronte di tale affermazione, quindi, l’etichetta ancora non può subire cambiamenti di nessun tipo.

Etichette più ecosostenibili = Etichette più costose?

Se da un lato infatti sembrerebbe esserci confusione sull’interpretazione della normativa, dall’altro il fattore economico spinge molte catene a interpretarla nella sfumatura più vantaggiosa per loro.
Il materiale necessario per produrre etichette “eco-friendly” costa circa 3 volte in più rispetto quello tradizionale, risultante in un ovvio aumento dei costi di produzione. Dopo vari studi e calcoli condotti riguardo l’argomento, gli esperti stimano che l’introduzione di etichette biodegradabili significherebbe un aumento dei costi di circa il 20%.

Le aziende virtuose

Alcune aziende si distinguono per sensibilità ed impegno in questo settore: Esselunga, ad esempio, è stata la prima ad utilizzare solo etichette compostabili. È stata seguita poi da marchi come Bennet, Iper ed in fine Conad.
In alcuni supermercati, tuttavia, il problema non si pone affatto e la frutta viene sempre pesata alla cassa, senza stampare nessuna etichetta. In un recente articolo, “La Repubblica” ha interrogato diverse grandi catene e molti supermercati hanno confermato che le loro etichette non sono biodegradabili nonostante la normativa. Che sia il metodo più economico ed efficace da adottare? Lasciamo che siate voi a rispondere.

La questione dei bollini

Il problema non riguarda solo le etichette, anche i bollini infatti non sono realizzati in materiali biodegradabili, ma per ben altri motivi.

Melinda, azienda leader nella ricerca di bollini biodegradabili secondo “La Repubblica”, quando spesso interrogata dal “Fatto Alimentare”, spiega le difficoltà nel trovare un materiale biodegradabile che rispetti le caratteristiche necessarie.

Le mele infatti durante la lavorazione passano attraverso un flusso d’acqua che distrugge la maggior parte dei bollini biodegradabili. Inoltre, durante la conservazione in ambienti freddi ed umidi i bollini fabbricati in materiali biodegradabili tendono a deteriorarsi troppo in fretta.

A quanto pare le prospettive, comunque, sono molto buone ed in fase di sperimentazione.

Durante la lavorazione le mele passano attraverso un flusso d’acqua che distrugge la maggior parte dei bollini biodegradabili. Da qui la difficoltà per le aziende di trovare bollini bio, che non vengano distrutti durante il lavaggio.

Cosa possiamo fare noi consumatori?

Come molti supermercati già suggeriscono, in attesa che tutti i rivenditori adottino etichette compostabili, noi possiamo:  

  • Attaccare l’etichetta su un foglio di carta o sulla maniglia delle buste, per una rimozione più facile.
  • Buttare sempre l’etichetta nel sacchetto dell’indifferenziato.
  • Informarci su quali sono i supermercati nella nostra zona che utilizzano etichette compostabili ed eventualmente iniziare a comprare frutta e verdura da loro
  • In extremis sollecitare le catene ad accelerare il processo di integrazione evitando di comprare da supermercati che non adottano le etichette bio organizzandosi con parenti ed amici. 

Fare attenzione alle etichette e ai bollini non biodegradabili può essere un piccolo gesto quotidiano che però da una grande mano all’ambiente. Ovviamente con i sacchetti compostabili abbiamo già fatto un enorme passo avanti che però rischia di essere scoraggiato se non divenire del tutto inutile a causa dei bollini e delle etichette poste sopra ad essi, buttate nello stesso insieme di rifiuti. Probabilmente, grazie agli strumenti disponibili al giorno d’oggi, molto presto avremo anche dei bollini e delle etichette totalmente amici dell’ambiente che potremo facilmente gettare insieme a tutto il resto. Fino a quel momento però bisogna avere l’accortezza giusta e fare la differenza, una piccola- grande differenza.